Il Primo Ministro iracheno, Nuri Kamal al-Maliki, ha comunicato a funzionari dell’amministrazione Obama che l’Iran starebbe cercando di riavviare colloqui diretti con gli USA riguardanti il programma nucleare. L’Iraq, tra l’altro, si propone come mediatore tra i due Paesi, per facilitarne il dialogo.
Gli Stati Uniti sono comunque cauti a riguardo. Maliki ha effettivamente incontrato alcuni portavoce dell’ayatollah Ali Khamenei, la Guida Suprema dell’Iran, ma non ha specificato chi gli avrebbe affidato l’incarico di riportare la volontà di aprire colloqui bilaterali con gli USA, tantomeno con l’Iran come mediatore.
I funzionari del Dipartimento di Stato on hanno voluto commentare l’uscita di Maliki, alla luce del fatto che, dal momento dell’insediamento della prima amministrazione Obama, è stato ribadito più volte l’invito a colloqui bilaterali all’Iran.
Nel riportare la notizia, il “New York Times” sottolinea anche il fatto che gli USA hanno ampliato l’elenco di “dispositivi medici” che possono essere venduti in Iran senza licenza. La manovra è stata giustificata con la possibile “accelerazione del commercio” e l’aiuto in ambito di assistenza umanitaria. È difficile ignorare il fatto che questo gesto sia avvenuto a pochi giorni dall’insediamento del nuovo Primo Ministro, Hassan Rouhani, il 4 agosto.
Anche per quanto riguarda la vittoria di Rouhani nelle recenti elezioni iraniane, i funzionari USA preferiscono rimanere cauti. Sicuramente è lontano dalla linea ultra-conservatrice di Ahmadinejad (che, infatti, lo rimosse dal segretariato del Consiglio Supremo per la Sicurezza), ma ha comunque sempre espresso idee favorevoli al programma nucleare. Prima delle elezioni, aveva promesso una maggiore apertura al dialogo con Stati Uniti e potenze occidentali, al fine di evitare ulteriori sanzioni riguardanti il piano di proliferazione nucleare e in materia di diritti.
Gli USA sono, quindi, in attesa di notizie provenienti direttamente dall’Iran, alla luce del fatto che Israele chiede continuamente interventi armati per bloccare il programma nucleare iraniano, mentre gli Stati Uniti, per ora, preferiscono puntare sulla “semplice” minaccia.
Se il “messaggio” di Maliki dovesse rivelarsi completamente veritiero, sarebbe la palese dimostrazione della poca fiducia riposta dall’Iran nei tavoli di negoziazione del programma nucleare, cui sedevano, oltre a USA e Iran, anche Regno Unito, Francia, Germania, Cina e Russia.
Uno dei maggiori detrattori di questi negoziati sarebbe stato proprio l’ayatollah Khamenei, che aveva accusato gli USA di porre sul banco delle condizioni inaccettabili, assieme ad altre negoziabili.
Oltre all’insediamento di Rouhani, gli USA dovranno anche analizzare a fondo la posizione di Maliki, sempre più vicina al “blocco” iraniano su varie questioni, come il sostegno al regime siriano di Assad. USA e Iran si starebbero giocando l’influenza in Iraq a suon di vendita o traffico di armi.